martedì 25 ottobre 2011

Amore zoppo

Per amare qualcuno devi per prima cosa amare te stessa.
Come fai ad amare qualcuno che dice di amarti così come sei? Come sei fai schifo.
Pensi che sia una bugia. Non si ama una persona che mente.

Eppure stai insieme a qualcuno che pensi di amare.
Menzogna. Bugiarda.
Ami il legame, ami il non essere sola, ami sapere che puoi fare programmi. Ami il rumore che copre i tuoi pensieri, ami il non stare da sola con te stessa, ami che qualcuno ti menta costantemente dicendoti che sei bella, che sei speciale, che sei magra abbastanza.
Ami il tuo non amare completamente, ami questo filo sottile che ti tiene in un equilibrio precario.
Ami le bugie, le omissioni, il tempo e le condizioni di questo rapporto e allora alla fine pensi che - amando qualcosa di tutto questo - dire "ti amo" non sia del tutto una menzogna.

venerdì 21 ottobre 2011

Paradosso

A dire il vero non penso sia la "felicità", quella chimera che rincorre la gente.
Piuttosto, sono convinta che l'insoddifazione sia in realtà il concetto più quotato all'asta quotidiana.
La felicità si tocca e si scansa inconsapevolmente in modo volontario.
Fa schifo. Può darsi.
Ma se pensi di essere una persona completa e soddisfatta farai di tutto per disfare questo equilibrio labile. È come fare un castello di carta e buttarci addosso un bel respiro sostenuto.
Fa schifo. Chi dice il contrario?
Eppure sentirsi insoddisfatti è una sensazione che il secondo seguente prevale sempre sul sentirsi felici.
Forse piace farsi trasportare dalla mancanza, amare sapere che c'è qualcosa da raggiungere: da strappare con forza e da portare via lontano fino all'ennesima busca caduta tra le braccia soffici dell'incompletezza.

Si chiama stupidità.
Si chiama paradosso.
Si chiama con il mio nome.
Si chiama fottuta-maledetta-mente.

domenica 2 ottobre 2011

Bulimia

Il bello di scrivere in questo blog è proprio il fatto che è insignificante e perso nel web. Difficilmente qualcuno passa in questi lidi e lo legge (se non per un fortuito caso).
Sono 3 settimane che non scrivo, e in questi lunghi 21 giorni sono successe davvero cose che non avrei mai pensato di inserire nell'elenco di un'agenda.
Partendo dal principio, io sono una persona malata. Non di qualcosa di fisico, non di qualcosa di visibile, di tangibile. Ho capito di avere un problema solo in questi ultimi mesi.
Quando si inizia non si dà peso alle circostanze, si dice: "cosa vuoi che sia. Si fa per star meglio, per sentirsi bene"... e in effetti è così (in parte).
Ho iniziato per gioco, ho continuato per necessità.
Se ti specchi e riesci a vedere solo schifosissimo adipe, allora hai un problema. Hai pure una soluzione più veloce di quelle tradizionali. Raggiungere l'obiettivo prefissato nel modo più veloce con il minimo sforzo: questa è la mossa ottimale... non è così che suggeriscono i principi economici?
Se è così, allora io sono un'ottima inprenditrice di me stessa: mi vendo all'offerta migliore.


Ho desiderato così tante volte distruggere questo corpo grasso. Forse ci sono quasi riuscita... ma poi è ricresciuto ancora più pingue di prima. Maledetta me.
Il mio palmo sul fondo sono stati i 74 chili. Da lì il completo disgusto per me stessa.
Ora peso 63.6 chili, ma non sono abbastanza pochi. La mia malata aspirazione si cinge in un solo numero: 57 (un metro e settanta, cinquantasette chili.. non senti come suona bene?).


So com'è questa malattia, so come si manifesta e so gestirla egregiamente. Di questo sono talmente convinta da non potermi ricredere. Poi succedono cose che fanno vacillare queste piccole certezze e tutto un mondo crolla addosso. Un mondo dove essere magra è il primo fondamentale comandamento.
Mi hanno ricoverata in ospedale, principalmente per marcata astenia e disturbi di stomaco, ma anche per il sospetto di un tumore. E quando senti questa parole per prima cosa tremi, poi un po' piangi, un po' continui la tua vita: stesse abitudini, stessi gesti malati.
Dopo 9 giorni dentro, la diagnosi è: gastrite abrasiva con inizio di ulcere, reflusso gastro-esofageo, calcolo al rene, calcoli alla cistifellea e altri esami di accertamento.
Certo, niente di grave, giusto? Niente tumore, niente fine nefasta.
Per 10 giorni non mi sono provocata il vomito (certo, nemmeno ce n'era il bisogno, veniva da sè), mangiavo a malapena... eppure mi sentivo in colpa. Non stavo seguendo la mia tabella di marcia, il mio progetto a lungo termine, stavo solo investendo a fondo perduto.
Una volta arrivata a casa la prima cosa che ho fatto dopo aver mangiato è stato ficcarmi 2 dita in gola.
Brava me. Determinazione 10 e lode.
Poi ho pianto, perchè in fin dei conti sono stata in ospedale ma non mi hanno guarito il cervello. Mi chiedo solo se tutti questi problemi di salute nascano da questa mania di insoddisfazione. Magari me li sono provocati tutti io, a forza di annullare la mia scatola di carne e grasso.
Penso di aver avuto paura.
Paura di aver esagerato, di essermi lentamente distrutta davvero. Eppure se fossi davvero malata forse non farei nemmeno questi discorsi, forse me ne fregerei e basta. Magari continuerei ad abbuffarmi e poi a liberarmi con sospiro di sollievo di tutte le calorie non necesarie. Senza nessun ripensamento, senza rimorsi.
Eppure penso a quello che sarebbe potuto succedere, alla conseguenze delle mie azioni su me stessa.. ma non smetto mai di avere questo odio radicato per il mio corpo.
Se fossi solo un errore allora mi sentirei meglio. Non sarebbe colpa mia. Ma so che non è così. Il problema non è un difetto di fabbricazione. Ho la capacità di smettere di osservare questa meticolosa ossessione, ma non ne ho la forza.


Continuo a distruggermi. Magari non con la stessa costanza, magari meno abitualmente.
Non ci sono rimproveri adatti per questo "problema". Se non stai bene nel tuo corpo, l'unica soluzione è raggiungere il tuo obiettivo e poi fermarti a contemplare la fatica impiegata.

Stupida me.