sabato 24 dicembre 2011

A Natale puoi...

* Esprimere qualche buon proposito per l'anno seguente... o sentirti più "sollevata" realizzando che dal 31 dicembre all'1 di gennaio non cambierà un emerito cazzo.
* Fare festa con i parenti.... oppure beccarti un virus intestinale e scansare tutte queste rotture standotene a casa sul divano con la borsa dell'aqua calda.
* Addobbare un grande albero... oppure non farlo affatto e chissenefrega.
* Pensare di fare trentordicimila regali... o semplicemente farli solo a chi se li merita, a chi non ti è stato lontano, a chi ti ha fatto sentire un poco di amore. Degli altri: chissenefotteilcazzo.

Il mio odio per il Natale arriva quasi ai livelli dell'odio che ho per me stessa.
E questo dice tutto.

lunedì 19 dicembre 2011

Chiacchiere da salotto

Quando qualcuno intorno a me perde persone care inaspettatamente, penso a quanto cazzo è imprevedibile la morte. Potrei smettere di esistere domani stesso o tra 70 anni.
Se - tanto per parlare - quel giorno fosse domani, probabilmente sarei pentita di un'unfinità di cose. Avrei il rimorso prima di ogni altra cosa per aver spesso disprezzato la vita.
Ma, in fin dei conti, chi è che non l'ha mai fatto?
Per questo non mi condannerei.
Ma di certo lo farei invece per altre cose. A partire dall'egoismo. Non del genere materiale, venale o robe simili. L'egoismo della categoria peggiore: quello emozionale.
Voler essere felice a discapito della felicità altrui. Pensare che la mia idea di felicità debba per forza corrispondere a quella delle persone che mi stanno vicine.... non so spiegarmi, dannazione.
Ad ogni modo, per questo mi condannerei alla pena più nefasta ("divina commedia parlando").

Altro giro, altro rimpianto: il giudizio, quello che ho espresso troppo in fretta nei confronti dei miei genitori.
E parlo del passato, quando li ho respinti più volte, quando li ho incolpati ripetutamente per un qualcosa che mi ha rovinato l'infanzia.... solo adesso, che con il senno di poi so mettermi nei loro panni, sono capace di elaborare quel lutto interiore che allora mi aveva distrutta.
Dio, quanto li ho odiati. E quante volte ho pensato che se mi avessere davvero voluto bene, avrebbero fatto scelte diverse. Stupida me.
Mi sono stati vicini nei momenti peggiori, ed è forse l'unica cosa importante.
Mi hanno sempre dimostrato il loro amore - a modo loro - ma solo adesso io l'ho capito. Solo mentre ero in ospedale ed ero terrorizzata all'idea di avere un tumore: mentre li ho visti piangere, quando gli ho sentito tremare la voce.
Dannazione, come si fa ad arrivare a certe conclusioni solo quando si teme la morte?
Perchè non prima, in un giorno qualsiasi?

Another. Le promesse.
Quante ne ho fatte agli altri e a me stessa. Potrei scriverci un libro con tutte quelle che non ho mantenuto.
Ma questo è un debito più che altro nei confronti di me stessa. Non mi sono mai presa sul serio, ecco il problema predominante.
Dovrei continuare con molte altre cose, ma non credo che giovi al mio umore.

So che se dovessi morire domani, sarei pentita di non essermi iscritta all'ADO (pigrizia è il mio secondo nome) per donare stupide parti di me a qualcun'altro.
Vorrei una cassa da morto modesta, nella norma, nulla di eccissivamente confortevole o costoso.
Mi farebbe piacere però indossare un bel vestito nero. E l'anello che mi ha regalato Luca.
Non vorrei essere cremata, la polvere mi fa venire la rinite allergica.
Non vorrei nemmeno un funerale in chiesa, con il prete che dice baggianate sulla vita dopo la morte o sul volere del signore.
Ne vorrei uno molto semplice, con una foto dove non sembro troppo grassa e pochi fiori (poi si sciupano, ed è una tristezza infinita).

Mi fa un po' sorridere questo lungo post.
Palahniuk direbbe: "chiacchiere da solotto".





venerdì 16 dicembre 2011

Una dentiera, grazie

Mi sento vecchia.
Una squallidosissima vecchia dentro un corpo giovane.
La sensazione è quella di voler rincorrere il tempo che senti ormai perduto, andato, fuggito. La sensazione è di avere il fiatone per aver corso al massimo delle forze e non essere riuscita a valicare il traguardo. La sensazione è di essere in quel limbo che si dondola tra i ricordi del passato e il precario futuro noioso che attende di divorarti con un boccone per ogni fottuto errore.
Ho 21 anni e non mi pare affatto di averli.
Penso al matrimonio. Penso di volere qualcuno legato a me in modo difinitivo, che mi dia tutte le sicurezze di cui ho bisogno (ahahah!)
E penso ai figli. Penso che ne voglio due: così se uno muore me ne rimane uno.
Penso che probabilmente questo pensare sia solo il frutto di una fottuta paura di rimanere sola.
Questa consapevolezza mi sta uccidendo più di qualsiasi altra cosa.
Non so cosa sbaglio nel creare i miei rapporti umani. Ho un tale nervoso che non riesco nemmeno a circoscrivelo in una frase.
Non ho mai fatto nulla per ferire le persone, ma queste continuano a sferzare pugnalate su pugnalate su vecchie cicatrici. Non sono una fottuta stronza, ma quelle che conosco sono piene zeppe di amici.
DIO CANE, dimmi cosa sbaglio!
Qual è il mio cazzo di problema?


Chuck Palahniuk scrive:
"Non importa con quanto scrupolo seguirai le indicazioni: avrai sempre l'impressione di aver perso qualcosa, la sensazione sprofondata sotto la tua pelle di non aver vissuto tutto. C'è quel sentimento di caduta nel cuore, per essere andato troppo in fretta nei momenti in cui avresti dovuto fare attenzione".
(Invisible Monsters)

lunedì 28 novembre 2011

Parafrasando: eremofobia

Sono sempre stata convinta che l'amiciziaa sia una convenzione: alla fine chi cazzo te lo dice che quelle persone a cui affidi in tuo tempo e la tua fiducia ti rimarranno vicine e non te lo ficcheranno in quel posto?
Nei miei cazzo di 21 anni, non ha mai trovato nessuno che ricopra la definizione di "amico".
Ho sempre dato tutto: disponibilità, generosità, fiducia, appoggio. Che poi non conta un'emerita minchia.
Alla fine eccomi qui sul divano a non sapere cosa fare.
È triste che la mia lista di messaggi porti solo il nome "Leo" ed è ancora più triste sapere che quando il cellulare vibra so già chi sia a scrivermi
L'anno scorso non ho nemmeno festeggiato il compleanno. Mi avrebbe solo ricordato tutto questo schifo.
Un po' mi manca non festeggiarlo... 


In questo periodo si alterneno momenti belli e momenti di merda.
Peso 66 chili e non devo pensarci. Devo pensare piuttosto che una persona sana è sempre bella.
Devo pensare che il cerchio è la figura perfetta: tonda, morbida e innocua.


Sarebbe più facile se avessi degli amici su cui contare. Sarebbe bello arrivare al venerdì e pensare "finalmente un po' di tragua, esco con gli amici, stacco il cervello e chiudo fuori i pensieri"
E invece... cazzi in culo.

Avrei solo voglia di sapere che se non ci fosse Luca nella mia vita, non sarei sola.

martedì 25 ottobre 2011

Amore zoppo

Per amare qualcuno devi per prima cosa amare te stessa.
Come fai ad amare qualcuno che dice di amarti così come sei? Come sei fai schifo.
Pensi che sia una bugia. Non si ama una persona che mente.

Eppure stai insieme a qualcuno che pensi di amare.
Menzogna. Bugiarda.
Ami il legame, ami il non essere sola, ami sapere che puoi fare programmi. Ami il rumore che copre i tuoi pensieri, ami il non stare da sola con te stessa, ami che qualcuno ti menta costantemente dicendoti che sei bella, che sei speciale, che sei magra abbastanza.
Ami il tuo non amare completamente, ami questo filo sottile che ti tiene in un equilibrio precario.
Ami le bugie, le omissioni, il tempo e le condizioni di questo rapporto e allora alla fine pensi che - amando qualcosa di tutto questo - dire "ti amo" non sia del tutto una menzogna.

venerdì 21 ottobre 2011

Paradosso

A dire il vero non penso sia la "felicità", quella chimera che rincorre la gente.
Piuttosto, sono convinta che l'insoddifazione sia in realtà il concetto più quotato all'asta quotidiana.
La felicità si tocca e si scansa inconsapevolmente in modo volontario.
Fa schifo. Può darsi.
Ma se pensi di essere una persona completa e soddisfatta farai di tutto per disfare questo equilibrio labile. È come fare un castello di carta e buttarci addosso un bel respiro sostenuto.
Fa schifo. Chi dice il contrario?
Eppure sentirsi insoddisfatti è una sensazione che il secondo seguente prevale sempre sul sentirsi felici.
Forse piace farsi trasportare dalla mancanza, amare sapere che c'è qualcosa da raggiungere: da strappare con forza e da portare via lontano fino all'ennesima busca caduta tra le braccia soffici dell'incompletezza.

Si chiama stupidità.
Si chiama paradosso.
Si chiama con il mio nome.
Si chiama fottuta-maledetta-mente.

domenica 2 ottobre 2011

Bulimia

Il bello di scrivere in questo blog è proprio il fatto che è insignificante e perso nel web. Difficilmente qualcuno passa in questi lidi e lo legge (se non per un fortuito caso).
Sono 3 settimane che non scrivo, e in questi lunghi 21 giorni sono successe davvero cose che non avrei mai pensato di inserire nell'elenco di un'agenda.
Partendo dal principio, io sono una persona malata. Non di qualcosa di fisico, non di qualcosa di visibile, di tangibile. Ho capito di avere un problema solo in questi ultimi mesi.
Quando si inizia non si dà peso alle circostanze, si dice: "cosa vuoi che sia. Si fa per star meglio, per sentirsi bene"... e in effetti è così (in parte).
Ho iniziato per gioco, ho continuato per necessità.
Se ti specchi e riesci a vedere solo schifosissimo adipe, allora hai un problema. Hai pure una soluzione più veloce di quelle tradizionali. Raggiungere l'obiettivo prefissato nel modo più veloce con il minimo sforzo: questa è la mossa ottimale... non è così che suggeriscono i principi economici?
Se è così, allora io sono un'ottima inprenditrice di me stessa: mi vendo all'offerta migliore.


Ho desiderato così tante volte distruggere questo corpo grasso. Forse ci sono quasi riuscita... ma poi è ricresciuto ancora più pingue di prima. Maledetta me.
Il mio palmo sul fondo sono stati i 74 chili. Da lì il completo disgusto per me stessa.
Ora peso 63.6 chili, ma non sono abbastanza pochi. La mia malata aspirazione si cinge in un solo numero: 57 (un metro e settanta, cinquantasette chili.. non senti come suona bene?).


So com'è questa malattia, so come si manifesta e so gestirla egregiamente. Di questo sono talmente convinta da non potermi ricredere. Poi succedono cose che fanno vacillare queste piccole certezze e tutto un mondo crolla addosso. Un mondo dove essere magra è il primo fondamentale comandamento.
Mi hanno ricoverata in ospedale, principalmente per marcata astenia e disturbi di stomaco, ma anche per il sospetto di un tumore. E quando senti questa parole per prima cosa tremi, poi un po' piangi, un po' continui la tua vita: stesse abitudini, stessi gesti malati.
Dopo 9 giorni dentro, la diagnosi è: gastrite abrasiva con inizio di ulcere, reflusso gastro-esofageo, calcolo al rene, calcoli alla cistifellea e altri esami di accertamento.
Certo, niente di grave, giusto? Niente tumore, niente fine nefasta.
Per 10 giorni non mi sono provocata il vomito (certo, nemmeno ce n'era il bisogno, veniva da sè), mangiavo a malapena... eppure mi sentivo in colpa. Non stavo seguendo la mia tabella di marcia, il mio progetto a lungo termine, stavo solo investendo a fondo perduto.
Una volta arrivata a casa la prima cosa che ho fatto dopo aver mangiato è stato ficcarmi 2 dita in gola.
Brava me. Determinazione 10 e lode.
Poi ho pianto, perchè in fin dei conti sono stata in ospedale ma non mi hanno guarito il cervello. Mi chiedo solo se tutti questi problemi di salute nascano da questa mania di insoddisfazione. Magari me li sono provocati tutti io, a forza di annullare la mia scatola di carne e grasso.
Penso di aver avuto paura.
Paura di aver esagerato, di essermi lentamente distrutta davvero. Eppure se fossi davvero malata forse non farei nemmeno questi discorsi, forse me ne fregerei e basta. Magari continuerei ad abbuffarmi e poi a liberarmi con sospiro di sollievo di tutte le calorie non necesarie. Senza nessun ripensamento, senza rimorsi.
Eppure penso a quello che sarebbe potuto succedere, alla conseguenze delle mie azioni su me stessa.. ma non smetto mai di avere questo odio radicato per il mio corpo.
Se fossi solo un errore allora mi sentirei meglio. Non sarebbe colpa mia. Ma so che non è così. Il problema non è un difetto di fabbricazione. Ho la capacità di smettere di osservare questa meticolosa ossessione, ma non ne ho la forza.


Continuo a distruggermi. Magari non con la stessa costanza, magari meno abitualmente.
Non ci sono rimproveri adatti per questo "problema". Se non stai bene nel tuo corpo, l'unica soluzione è raggiungere il tuo obiettivo e poi fermarti a contemplare la fatica impiegata.

Stupida me.



domenica 11 settembre 2011

Idee lunatiche


Troppo poco ci si sofferma a valutare quali - di quelli commessi - sono davvero sbagli. 
L'idea del giusto è così spesso volubile, tanto quanto lo è quella che ci facciamo di noi stessi; essa cambia nel momento in cui la conseguenza di una scelta, a dispetto delle aspettative, ci rende felici o viceversa.
Un giorno ti senti una persona meritevole del tuo posto nel mondo, un altro pensi di far schifo anche ai cani.
È un po' come quando ci si sveglia e si passa davanti allo specchio. Una mattina dici "che disastro", quella dopo "beh, niente male"... anche se gli occhi con cui guardi sono gli stessi del giorno precedente.


Sì, insomma.. chiaro il concetto, no?

domenica 4 settembre 2011

Soldi

Non sono mai stata una persona venale o materialista.
Ho sempre pensato che si può avere tanto anche senza possedere un grosso conto in banca, e questo pensiero mi ha sempre soddisfatta, nel complesso. Non ho mai dato un grande valore ai vestiti di marca, alle grosse macchine o alle case stratosferiche, ho sempre portato il minimo indispensabile per apparire una persona circoscritta nella normalità.
In questo ultimo anno però ho incominciato a desiderare alberi di banconote in giardino, il chè un po' stona con il pensiero precendente.
Sarà che vivo da sola e vorrei costrurmi il mio posto "sicuro", sarà che il mio sguardo ha una prospettiva futura, sarà... che-minchia-ne-so.
A volte penso le stesse cose di cui si lamenta mia nonna a tavola, davanti a un piatto di tortellini in brodo, quando è domenica pranzo e si è tutti in parenti. E questa cosa mi terrorizza. Mi sento un po' vecchia, un po' prematura, un po' stupida, un po' previdente.
La morale della favola è che inizio a intravedere le mie mani rimanginare i grossi "buchi" nei palmi.
Per volere o per forza, sia chiaro.

giovedì 1 settembre 2011

RESET.

Avevo fatto dei progressi.
Avevo ricominciato a prendermi cura di me, con fatica, per qualcuno.
Fatica buttata.
Oggi ho mangiato come un maiale, il cibo ha tappato ogni buco, ogni delusione.
Ora che sono piena e in fermento, non mi resta che "stappare la bottiglia".
Brindo ai vecchi tempi, quelli lontani.

Lasciatemi distruggermi.
Non mi importa più, ho perso ogni motivo per voler bene al mio corpo.
È solo un'inutile scatola di carne e di grasso.
Alla fine dentro non ci sta nulla di importante.
E allora amen, così sia.

domenica 28 agosto 2011

Mi hanno detto che si muore ispirando

Ma in effetti non trovo una logica ragionevole in questa scelta
È come se volessimo tenerci un po’ di fiato come garanzia, come investimento a fondo perduto. Sembra un po’ una filosofia di egoismo: possiamo prendercelo, allora perché lasciarlo? Gonfiamo i polmoni più che possiamo, fino a farli scoppiare. Aggrappiamoci a ciò che per tanto tempo ci è appartenuto, tiriamole giù fino al nostro capolinea, queste molecole. 
Coltiviamo il terrore di non avere abbastanza.

Ho provato a fare un lungo respiro, prendendomi tutta l’aria che ho potuto contenere e un dolore al diaframma mi ha costretto il torace. Poi ho espirato e il sollevo mi ha cinta, dandomi un brivido di benessere.
Io sto meglio vuota. Vuota di tutto, intendo… di aria, di sentimenti, di cibo. La pienezza è così ingombrante, così scomoda, pesante.
Penso che, contrariamente alla fisiologia umana, potrei morire espirando.

sabato 20 agosto 2011

Inversamente parlando

E se (per fare un banale esempio) fossero i daltonici a vederci bene?
Se fossimo noi il numero a 6 zeri di soggetti inperfetti?
Magari ci siamo mentiti così a lungo e spudoratamente, pur di sentirci giusti. Abbiamo stabilito colori e regole su fondamenta di nostro ingegno, ma se quest'ultimo fosse dettato da un errore, allora anche tutto il resto di conseguenza lo sarebbe.
Se avessi la certezza che questa piccola farneticazione fosse in realtà l'esatta interpretazione, allora potrei dire di sentirmi una persona normale.

giovedì 18 agosto 2011

Mia nonna e l'era dei lumi

Oggi l’ascolto.
Non succede spesso, anzi... diciamo che accade davvero di rado. È diventata quasi una reazione automatica: parte il disco delle raccomandazioni, dei rimproveri sul mio cervello che si sta ammalando perchè crede che le maniglie dell’amore siano la piaga dell’umanità, o del fatto che ho un piercing in viso, un tatuaggio che è per sempre come il diamante, o dei piedi scalzi che prendono freddo e poi mi ammalo, della macchina che va controllata e lo dimentico, delle responsabilità che mi sto accollando e che non mi rendo conto di dover sopportare; e via dicendo.
Insomma, è un bla-bla che conosco a memoria e so che lei vuole solo che le dica che ho capito. Quindi ripeto il copione, ed è felice per un po’.
Ma come dicevo, oggi decido di ascoltarla davvero.
Mi chiede per l’ennesima volta come funziona l’università e penso: «diamine, non è difficile da capire!», ma poi mi rendo conto che a volte la mia pazienza è troppo limitata, che perdo la voglia di spiegare.
Quando ero piccola invece mi piaceva e mi perdevo sempre in discorsi infiniti e a mia volta insistevo perchè mi si illustrasse per filo e per segno il cruccio del momento. Sì, forse ho perso la pazienza da qualche parte come Orlando con il suo senno. Così respiro profondamente e le spiego tutto nei dettagli, dall’inizio alla fine: la scuola, i progetti, le aspettative, tutto quanto.
Le mi sorride e mi dice: «scusa la nonna se in certe cose è ignorante».
Mentre parlo digito un messaggio con il cellulare e lei mi guarda incuriosita da come si possa “scrivere con i numeri”. Le sembra una cosa impossibile e complicatissima. È davvero un’epoca che mi pare lontana anni luce, quella dalla quale proviene mia nonna.
Allora le mostro come si fa, anche se so che non imparerà mai ad usarlo. Non importa, penso che lei ha speso tanto di quel tempo ad insegnarmi le cose più banali e mi si stringe il po’ il cuore, ma questo non glielo dico.
Inizia poi a dirmi che sono cresciuta tanto (sì, cade sempre in questo luogo comune) e che vivere da sola è un passo gigantesco. Mi chiede: «Perchè lo fai? Perchè da sola? Si sta così male a non poter parlare con nessuno, ci si sente così persi... non ti senti persa?».
Faccio cenno di no con la testa.
Mia nonna sospira. «Io pagherei per non stare da sola e tu invece vuoi fare troppi sacrifici per restarci».
Mi sento un po’ a disagio, allora le faccio notare che la mia situazione e un po’ diversa dalla sua.
Mi dice: «Hai ragione gioia, a me manca il nonno. Mi manca tanto. Tu te lo ricordi vero?».
Di solito non ne parla mai. Le rispondo di sì. Certo che mi ricordo.
«Come lo trovo un altro uomo così? Dov’e? Non esiste, non esiste».
Odio davvero sentirla parlare così, non perchè io sia un’insensibile, ma mi dà fastidio. È morto, basta piangere sul latte versato, si deve sempre andare avanti. E glielo dico, in faccia e senza sentimento.
Vai avanti, non pensarci.
Annuisce e mi coglie alla sprovvista: «Lo so che dico sempre le stesse cose. Mi lamento spesso. Ti ricordi con il nonno tutte le volte che litigavamo perchè non mi faceva mai un complimento, nè mi dava un’attenzione? Quante maledizioni, quante discussioni solo perchè volevo essere accarezzata, baciata, coccolata. Soltanto perchè volevo essere certa del suo amore. Non ti sembra egoismo questo? Pretendere un gesto che comunque ti viene dimostrato in un altro modo, come a dire che la maniera che vogliamo noi è migliore di un’altra. E vedi... non ci si pensa e si discute, si discute, si discute e non si ascolta.. si perde tempo che poi si finisce per rimpiangere. Oh gioia mia, come lo rimpiango questo tempo! Restituirei il ricordo che conservo gelosa di ogni carezza, pur di riavere il suo muso lungo accanto al mio. Non mi rendevo conto di quant’era immensa la fortuna che avevo». Non si interrompe, parla tutto d’un fiato. «E rompo un po’ le scatole perchè sono vecchia e quando ti vedo mi sembri sempre più grande, e mi fuggi via perchè è così che va... ma non voglio andarmene facendomi ricordare come la nonna brontolona. È che ti voglio bene e ci tengo che tu stia sempre al meglio, e se ti rimproverò lo faccio solo perchè ti stai allontando, ma io sono così fiera di come sei stata cresciuta. E mi manca il nonno in questi momenti dove mi rendo conto di quanto sei bella sempre, dentro e fuori».
Le scappa una lascrima, allora si zittisce e si volta.

E mi sento egoista, proprio come lei aveva detto di essere stata con mio nonno. Sì, e mi sento anche a pezzi dentro per tutte le volte che non l’ho ascoltata davvero.
Ci rifletto su, lo faccio attentamente e come per ogni cosa che mi cruccia la scrivo.
Distendo i concetti in parole ordinate, come se servisse a impremerli nella testa. 
Credo di aver imparato qualcosa oggi, ma penso anche che domani tutto ciò mi sembrerà solo fiato su corde vocali che molto spesso facciamo vibrare senza un preciso motivo.
È proprio vero. Sono un’egoista - tanto quanto ogni essere umano sulla faccia della terra - e come tale penso solo a star bene nel presente e mi scordo quasi sempre delle cose importanti.

lunedì 15 agosto 2011

Anatomia bislacca

Anastomizzatemi, come si fa con due vasi sanguigni difettosi: inappetenti di vigore, deboli condotti frastornati. 
Ricostruitemi.
Fatelo, così che l'ondata rosso bruno delle cose brutte venga sommersa dal flusso vivo di quelle belle. 
E diluitemi, lentamente. 
Dosate le giuste quantità, donatemi nuovamente un'equilibrata saturazione, in modo che i miei pensieri si possano nutrire di un ossigeno puro e genuino, e non di questo veleno. Ne sono satura.
Regalatemi una costante pressione, a valori ottimali. Date alla frequenza del mio cuore un ritmo da inseguire, una stella polare maestra, intransigente. Severa.
Abbandomantemi in un attimo di perfetta sincronia, così che io possa godermelo appieno. E ascultatemi furtivamente, da lontano. 
Lasciatemi comprendermi, ma non lasciatemi del tutto.

domenica 14 agosto 2011

Teorie scientifiche

Vediamo la vita con l'aspettativa che essa possa soddisfarci, ma sappiamo di poter essere un giorno i vincitori, un altro i perdenti. E sotto quest'ombra di consapevolezza, alla fine, come fossimo animali feriti - tutti noi, senza nessuna eccezione - ci nascondiamo nel leccarci le ferite inguaribili. Lo facciamo furtivamente, al riparo dagli occhi dei potenziali predatori
Non è forse questo il valore su cui ci basiamo? Usare come forza le falle altrui.
Chi è debole è perduto, è immeritevole, è solo. Carne da macello. 
Palahniuk direbbe: "Selezione naturale. Non è la parola esatta, ma è quella che mi viene in mente"
Peccato che Darwin non considerasse alcune circostanze. Fosse per lui, io sarei già morta.

lunedì 8 agosto 2011

La fiducia

È proprio uno schifo. Se hai avuto motivo di dubitarne, esiste il modo di ripristinarla?
Ditemi di sì, perchè sono mesi che mi pongo questa dannata domanda.
Ogni piccolo dettaglio che si discosta dalla routine mi fa sospettare qualcosa. Sarà che sto diventando una maniaca del controllo, sarà che sono gelosa o semplicemente un'idiota. Ma se non sono certa della circoscrizione di alcune azioni, non dormirò mai sonni sereni.
E se per questo motivo nascono pretesti che sbocciano in discussioni, non fatemene una colpa.
Sono solo un semplice essere umano che protegge il proprio cuore velenoso.

...!


È proprio un mondo storto, 
curvo su una logica che non comprendo. 
Vorrei un perché, un per come, 
una ragione...
vorrei un credo per il quale è giusto vivere. 
Vivere sereni, dico: 
privi di inutili pensieri e problemi, 
inani progetti e patemi. 
Gioco con le parole, 
mi chiedo ancora come facciano a illudermi le favole.

domenica 7 agosto 2011

La felicità?


Basta essere come la livrea di un uccello: cambiare al mutare della stagione, alla necessità, alla possibilità. Cambiare quando non si sente di star più bene nelle proprie piume. 
Ed è questo l'importante: sapersi vestire di ciò di cui si ha bisogno. 
Sempre.

Non chiedetemi perchè amo l'inverno...

Emozioni come fiocchi di neve: filamenti invisibili di ghiaccio che s'intrecciano, così apparentemente irrilevanti se non visti nell'insieme; legami deboli bensì essenziali, facilmente esposti alla loro fragilità molecolare e così dannatamente dotati d'irripetibile bellezza. 
Peccato siano destinati sempre a sciogliersi o a gelarsi alla prima futile variazione di temperatura... ma, a loro discolpa, si può dire che niente è perfetto.

Considerazioni

Mi viene difficile dare una definizione di amicizia... 
A-M-I-C-I-Z-I-A
Mah, penso sia una questione di punti (di vista): certe volte di punti interrogativi, spesso di punti a capo con conseguente giro di pagina; alcune di ambigui puntini puntini puntini. Purtroppo, troppe poche volte di punti di riferimento.

Odore di terra

Ho scavato una fossa e ho seppellito i bei ricordi lontani. Quelli che un tempo mi han fatto star bene davvero, quelli che hanno fatto più male. Capita che se ne vivo di nuovi - diciamo di migliori - la terra in quel punto sembra smuoversi. 
Ma, forse, è solo la paura di doverne seppellire altri, una volta che si spegneranno.

Pezzi di vetro, fanno fragore

E c'è chi ti raccoglie e ti aggiusta come può, proprio quando temi di frantumarti...e a volte nemmeno lo sa di sostituire quei deboli legami tra silicio e ossigeno di quel cristallo mezzo rotto, mezzo sano, in cui ti riconosci.  
Bizzarra e complessa è la chimica dei rapporti umani, non credi?

Divori illusioni

Le inghiottisci come se mangiassi pane! E non c’è dieta sufficientemente determinata che regga, perché di questo cibo non ne hai mai abbastanza, ti nutri senza limiti rischiando indigestioni.
Ingrassi in questo circolo vizioso.
Non soffochi nel masticare? Non affoghi nel loro sapore amaro?
Obesa di aspettative, sovrappeso di rimorsi. I tuoi fianchi non sanno più concederti equilibro.
Rigetti tutto con due dita in gola, abbracciando il sollievo di sentirti più vuota, come se non avessi mai ingurgitato nessuna illusione. Così facendo, giorno dopo giorno, il tuo stomaco si fa più piccolo.
Hai raggiunto il tuo obiettivo: ingerire sogni a piccoli bocconi e in minime dosi.
In questo modo tu pensi di non correre rischi, più nulla ti andrà di traverso, nessun dito solleticherà la tua gola per porre rimedio all’ingordigia di vita. Fine alle delusioni, punto a capo per la tua dieta di speranze.
Per questo destino di pasti già masticati, ti chiedi solo: vale forse il rischio?

Poca importanza ai convenevoli

Ricordate il vostro primo giorno di scuola? Cinti nel vostro vestito migliore per fare una buona impressione. La maestra vi piazzava in piedi davanti alla classe e chiedeva di esordire con una bella presentazione di voi stessi, fatta di ogni dettaglio utile per farvi conoscere. Ecco, io ero una di quelle che - disorientata e paonazza - spiaccicava uno striminzito "ciao, sono Jessica" e correva a sedersi al suo posto.
Da qui, il mio odio ben radicato per le presentazioni in pubblico. Potrete quindi capire quanto sarà breve il primo post di questo blog. Solo informazioni succinte e indispensabili.
Ho 21 anni.
Vivo da sola da 1 e mezzo.
Studio all'univerità di Medicina e Chirurgia, facoltà di Infermieristica.
Ho un ragazzo fantastico al mio fianco, genitori premurosi e nonne in gamba.
Odio lavare i piatti e portare via la spazzatura.
Piango spesso e quasi sempre per emozioni belle, ma rimango in ogni caso una piagnona.

Scrivo da quando ho 14 anni e ho aperto questo blog per continuare a farlo, o perlomeno per provarci.
Sono lunatica, gelosa, pessimista, a volte insopportabile e pressoché tutto tratte che costante.


PS: non sono un granchè nemmeno nelle descrizioni, se non si è già capito.